lunedì 3 luglio 2017

Rassegna stampa 03 Luglio 2017

Unione Sarda

Dopo l'iniziativa di Pisapia a Roma si è aperto il dibattito nell'Isola ma non c'è accordo “Insieme” divide la sinistra sarda Uras (Cp): «No a progetti senza Pd». Piras (Mdp): «Invece si può»

A livello locale i distinguo sono sempre più frequenti. Per esempio, il “Campo Progressista Sardegna”, almeno in parte, dell'operazione “Insieme” lanciata sabato in piazza Santi Apostoli da Giuliano Pisapia, proprio non ne vuole sapere. «È un percorso diverso da quello che avevamo intrapreso - taglia corto Francesco Agus - quando abbiamo iniziato a lavorare per la costruzione del progetto l'intenzione era quella di mettere in campo le migliori energie alla guida delle città, non a caso nella prima iniziativa fatta a Cagliari protagonisti erano Massimo Zedda, e Federico Pizzarotti».

NOSTALGIE Ma sabato a Roma erano altri: gli “Art 1 Mdp”, Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema, Bruno Tabacci per il Centro Democratico, ma anche la sinistra dem con Andrea Orlando e Gianni Cuperlo. «La manifestazione è stata autoreferenziale - dice Agus - e la platea un nostalgico gruppo di reduci piuttosto che l'inizio di una cosa nuova». Per il senatore “Cp”, Luciano Uras, «avremmo dovuto rappresentare l'elemento di cerniera tra Pd e l'area a sinistra, invece veniamo assorbiti da Mdp, cioè dagli scissionisti di Sinistra Italiana e del Pd. Ho visto le immagini di piazza Santi Apostoli, il messaggio mi pare debole e poi una cosa deve essere chiara: non si può pensare a un centrosinistra senza Pd».

ANIME DIVERSE L'altra rappresentante del Cp in Sardegna, Anna Maria Busia, non è andata a Roma, ma per altri motivi: «In “Insieme” noi ci siamo, con Roberto Capelli e Bruno Tabacci». Opinioni diverse su questo fronte ma nessun problema col collega Agus in consiglio regionale. «Credo che un gruppo possa anche essere colorato e con anime diverse - sostiene - però poi bisogna arrivare a una sintesi perché questo la politica richiede». «I rapporti tra me e Capelli proseguono serenamente - aggiunge Uras - lavoriamo alla dimensione regionale, convinti che serva una Giunta più incisiva con lo Stato sui temi della continuità, dell'insularità, del rilancio dell'economia».

IL CASO SARDO Se “Insieme” - che raggruppa Cp, Art 1 Mdp, Centro democratico, Possibile e Verdi - può fare a meno del Pd, nell'Isola Art 1 Mdp continua a governare nella maggioranza di Francesco Pigliaru. «Facciamo parte di una coalizione di centrosinistra con forze che si sono messe assieme in nome di un programma proposto agli elettori - osserva il capogruppo Daniele Cocco - io sono stato votato perché ero in Sel ma anche in una coalizione che esprimeva Pigliaru presidente».

PROGRESSISTI In piazza Santi Apostoli non c'era nemmeno Yuri Marcialis, ex Pd ora Art 1 Mdp, ma gli sarebbe piaciuto esserci: «È il Pd di Renzi che si pone fuori dal centrosinistra per le proposte politiche che fa, a livello regionale si andrà avanti a sostegno della Giunta e spero si porti a termine la consiliatura». E poi annuncia un incontro per il 10 luglio, «aperto al mondo delle associazioni, a Possibile, al Campo progressista, per discutere su come andare avanti, strutturarci e organizzarci».

EX SEL In piazza c'era invece Michele Piras, il parlamentare ex Si, ora Art 1 Mdp: «Da oggi esiste il nuovo soggetto politico “Insieme”, che unisce l'esperienza del Campo Progressista dell'Officina delle idee, Mdp, i Verdi e il Centro democratico, e che si presenterà alle elezioni e correrà in discontinuità con le politiche renziane del Partito democratico. A settembre avrà già dei gruppi unitari e coordinamenti sul territorio». Insomma, «si costruisce il centrosinistra anche senza il Pd», ma, a livello regionale, «c'è un'alleanza di centrosinistra che va rilanciata e migliorata nella qualità dell'intervento sociale ed economico, ma stiamo nella maggioranza».

GUARDARE OLTRE Aggiunge Piras: «Perché “Insieme” non nasce per rompere col Pd, è il Pd renziano che ha rotto il centrosinistra. E comunque, mi pare arduo sostenere che questo abbia effetti a cascata sul territorio perché da parte nostra c'è la volontà di governare bene l'Isola e su questo spenderei un'attenzione maggiore rispetto alle dinamiche delle relazioni tra i partiti».

Roberto Murgia


Gianmario Demuro: lo sviluppo dell'autonomia resta fondamentale per l'Isola
«Non separazione ma dialogo per rafforzare la democrazia»

Pubblichiamo la lettera del costituzionalista all'Università di
Cagliari Gianmario Demuro, che interviene nel dibattito su autonomismo
e indipendentismo della Sardegna.
L'autonomia regionale è il fondamento della democrazia Il futuro
dell'autonomia speciale in Sardegna si giocherà sulla capacità di
dimostrare che solamente attraverso istituzioni autonome si rafforza
la democrazia. A tal fine è necessario ritornare alle origini del
pensiero autonomista degli anni della Costituente di Emilio Lussu che,
sin dal discorso tenuto da deputato del regno nel dicembre del 1921
sull'indipendenza dell'Isola di Irlanda, ha sempre sostenuto per la
Sardegna la necessità di eleggere istituzioni autonome e non separate
dalla Repubblica italiana.

Oggi, ricordando che Lussu non ha mai
rivendicato la separazione della Sardegna dalla futura Repubblica ma,
pur nell'aspirazione federalista, ha sempre rivendicato l'autonomia
delle regioni quale parte integrante dell'idea stessa di democrazia in
Italia, la mia semplice proposta è quella di riconsiderare la nostra
autonomia tornando alle sue origini, ripartire dai motivi che fanno
delle autonomie il perno intorno al quale ruota la democrazia in
Italia.

Il primo argomento che può essere portato è quello della coincidenza
tra la percezione di ciò che si è e la costruzione di democrazie per
rappresentare la propria identità. Nel secolo delle identità plurime,
siamo contemporaneamente, sardi, italiani ed europei, le istituzioni
delle autonomie devono poter rappresentare ciò che siamo in modo
plurale.

Per esempio per rivendicare maggiore autonomia nel campo
della cultura e della lingua; per chiedere più poteri nella gestione
unitaria delle coste; per affermare un diritto alla mobilità
equiparabile a quello di tutti gli altri cittadini. Le identità
plurime di un popolo si potranno rafforzare proprio nella capacità di
chi ha sempre esercitato la tolleranza e, valorizzandola, potrà
costruire istituzioni autonome ma aperte al confronto.

Il secondo argomento è che la Sardegna inserita in un contesto
repubblicano potrà essere parte di un insieme che si regge sulla
medesima necessità di garantire la democrazia a tutti. Un sistema di
autonomie plurali si conserva nel fatto che ognuna riconosce l'altra
come parte della medesima comunità democratica. Il reciproco destino
tiene tutti insieme e motiva ognuno a restare insieme all'altro.
Viceversa la corsa alla separazione indebolisce quella forza
democratica che l'insieme può, invece, garantire.

Il terzo argomento è che senza autonomia non vi è partecipazione
democratica alle scelte su un territorio così diverso e vasto come
l'Italia. Non è un caso che il fascismo si sia espresso e abbia
perseguito la più sistematica opposizione a qualsiasi forma di governo
autonomo territoriale. Perseguire l'autonomia nella sua massima
espressione è dunque affermare che nessuna dittatura potrà riportare
al centro le decisioni sulla vita di comunità tutte diverse.

Il quarto argomento è riferito alla ricchezza della diversità che si
esprime meglio in un contesto plurale. Sul punto la specialità della
Sardegna sarà più forte se radicata insieme alle altre specialità
storiche ma non dovrà temere se potranno essere riconosciuti maggiori
poteri anche ad altre. Il punto non è tanto quanta eguaglianza vi è
nel rapporto con altre regioni, quanto la misura della riconoscimento
della diversità viene garantita sul tutto il territorio nazionale.
Nessun sistema iper-centralizzato è in grado di garantire
l'eguaglianza perché è troppo lontano dalla percezione della diversità
sul territorio.

Non dalla separazione, dunque, ma dal dialogo nel reciproco
riconoscimento può crescere l'idea di democrazia. Partendo dalla
discussione si possono rafforzare gli istituti del diritto
costituzionale che sono stati scritti per rafforzare l'autonomia. Il
primo è certamente lo Statuto speciale, base di ogni procedimento di
democrazia plurale. Ma di assoluta importanza sono anche tutti gli
strumenti di dialogo tra lo Stato e le singole autonomi regionali.
Dalle norme di attuazione alle intese il punto di equilibrio sta
sempre nella reciproca necessità di garantire un ordinamento
democratico comune ad entrambe le parti. Essere autonomisti oggi
significa continuare a pensare che la discussione democratica avviene
tra pari che si riconoscono l'un l'altro.
Gianmario Demuro
(Università di Cagliari)

La Nuova

Orlando all'attacco sulle alleanze
Il ministro: «Referendum tra gli iscritti». Renzi tira dritto, ma sale
la tensione anche con Franceschini

Dal lavoro all'economia, dal rapporto con i sindacati all'Imu, dalla
progressività delle tasse alla politica dei bonus. Sono tanti i temi
programmatici su cui si registrano grandi differenze tra il Pd di
Matteo Renzi e la «casa comune» del centrosinistra lanciata da
Giuliano Pisapia. Tra questi:ARTICOLO 18 - Pisapia definisce la sua
abolizione «un errore» a cui bisogna porre rimedio. Una tesi che
ricalca le posizioni della Cgil, opposta a Renzi, che su questo fronte
non ha mai aperto spiragli. Pisapia propone anche una riduzione del
divario tra gli stipendi dei manager e quelli dei lavoratori. IMU -
Secondo l'ex sindaco di Milano Renzi ha sbagliato nel tagliare
l'imposta per la prima casa a tutti. «Si poteva usare quella somma per
dare una casa a tutti, e impedire che venisse sottratta a chi non
poteva pagare il mutuo».

Il Pd non intende assolutamente tornare
indietro. FISCO - Pisapia, come Bersani, ritiene che bisogna spingere
l'acceleratore su una maggiore progressività delle imposte, in modo da
ridurre le diseguaglianze sociali, secondo la linea: «chi ha di più,
paghi di più». In particolare, la richiesta di Campo progressista è
quella di uscire dalla logica dei bonus e delle detrazioni.Pisapia ha
anche fatto un cenno a una tassa patrimoniale: «Penso a riflettere
seriamente sullo spostare oneri fiscali sui patrimoni, dicendo agli
italiani la verità». Anche sul fronte fiscale, Renzi ha sempre difeso
e esaltato la linea seguita dal suo Governo .WELFARE E REDDITO

CITTADINANZA - Campo Progressista pensa che il welfare del futuro
debba dare sostegno a tutti, con strumenti come la pensione di base e
il reddito di cittadinanza. Il movimento di Pisapia si spinge a
immaginare una parziale esclusione dalle tutele (o una maggiore
contribuzione)per le fasce più abbienti. Matteo Renzi, invece, ha
sempre bocciato l'ipotesi di un reddito di cittadinanza. A suo
giudizio assicurare «sussidi per tutti» vuol dire fare
assistenzialismo. Semmai, secondo l'ex premier, la strada è
«rimboccarsi le maniche per il lavoro».di Serenella
MatterawROMAPlacare le polemiche e siglare una «pax estiva». È
l'obiettivo dei renziani per la Direzione di giovedì. Ma la tensione
nel Pd resta a livelli di guardia, all'indomani del confronto tra la
«piazza» dei circoli Dem e quella della sinistra rosso-arancione di
Pisapia e Bersani. I dirigenti del Pd sperano ancora di poter tessere
un dialogo con l'ex sindaco: a differenza di Mdp, notano, non pone
veti su Renzi. Ma prima c'è da ricucire nel partito. Perché la
tensione, viene riferito, resta alta tra il segretario e Dario
Franceschini.

E Andrea Orlando scatena l'ira renziana tornando a
invocare un referendum tra gli iscritti in caso di alleanza con
Berlusconi. Così, la Direzione rischia di trasformarsi in una resa dei
conti. «Non ci rassegniamo: lottiamo contro il proporzionale e per
costruire una coalizione», dice Orlando. L'obiettivo della minoranza
Dem, spiega, è rifare un centrosinistra largo. Lo spauracchio sono le
larghe intese con la destra: se si va al voto così, si rischia lo
scenario «inquietante» di un'alleanza post-elettorale tra il Pd e
Berlusconi e allora, rilancia Orlando, «chiederei agli iscritti che ne
pensano, attraverso un referendum». Ma Lorenzo Guerini replica a muso
duro: «L'unico governo con Berlusconi il Pd l'ha fatto con Bersani
segretario e Orlando dirigente: non ricordo come andò quella volta il
referendum tra gli iscritti».

«Orlando nel 2013 fece il ministro col
voto di fiducia del Cav», ricorda puntigliosamente Ernesto Carbone.
Insomma, tiene il punto di fronte agli attacchi Matteo Renzi. Che non
vuol dare nei prossimi mesi l'immagine di un Pd litigioso ma
concentrato «sulle idee». Perciò proverà a sbarrare il fronte interno
giovedì in direzione, dove ha una maggioranza schiacciante (anche
senza i franceschiniani). La riunione è stata anticipata e Orlando non
potrà esserci, perciò i suoi invocano un rinvio. Ma qualunque sia la
data, il confronto sarà surriscaldato. Franceschini viene descritto
parecchio seccato per un episodio che si è verificato all'assemblea di
Milano: mentre Mauro Berruto dal palco parlava di sabotatori, la regia
ha inquadrato il ministro. Solo una svista, spiegano i renziani. Ma
Franceschini, che sul momento è rimasto impassibile, si è poi
interrogato se questo sia il trattamento riservato nel Pd a chi pone
un tema politico. Interpellato al telefono, il ministro ora minimizza:
«E' stata solo una coincidenza».

Ma il tema posto dopo le comunali lo
ribadirà in direzione: qualcosa si è rotto con gli elettori, si deve
ricucire con il centrosinistra. Sullo sfondo c'è anche lo spauracchio
di nuovi addii al Pd come quello di Cuperlo (che però nega:«Sarebbe
una sconfitta», scrive su Fb). Ma sulla via dell'unità a sinistra, per
la quale Cuperlo dice di volersi battere fino in fondo, sono tanti gli
ostacoli. Da un lato Renzi punta al 40% con «un Pd che si fa
centrosinistra largo» (definizione di Ettore Rosato). Dall'altro, tra
i supporter di Pisapia la linea del dialogo con il Pd trova la
freddezza di Mdp, che dice no all'alleanza con Renzi: per i bersaniani
«la minoranza Pd deve scegliere tra la sinistra e Matteo». Pisapia
però tiene aperto il canale di comunicazione con il Nazareno. Un
incontro con Renzi potrebbe esserci, magari non subito ma dopo
l'estate. Solo allora si farà sul serio, perché si riapriranno i
giochi per la legge elettorale.

Da Fratoianni a Montanari tutti perplessi: «Sono mancate proposte alternative»
La Sinistra non abbraccia Pisapia

di Marcello Campo
ROMANon abbastanza netto dei confronti del Pd, troppo poco coraggioso
nel tagliare i ponti con Matteo Renzi e poco chiaro su un programma
realmente alternativo. Per non parlare del sì al referendum
costituzionale, che pesa ancora come un macigno. Al di là delle
sfumature, sono queste le accuse che le forze della sinistra radicale
rivolgono a Giuliano Pisapia, all'indomani della manifestazione di
piazza Santi Apostoli. Nessuno lo definisce più come «stampella di
Renzi». Non c'è più il sospetto, presente sino a qualche settimana fa,
che la sua iniziativa di «federatore» abbia il beneplacito del
Nazareno. Tuttavia, la sinistra dura e pura resta fredda sul cantiere
aperto dall'ex sindaco. Sinistra Italiana, che pure era presente ieri
in piazza con una sua delegazione, si dice esplicitamente
delusa.

Ancora più critico Tomaso Montanari, presidente di Giustizia e
libertà: «Pisapia è apparso fumoso e equilibrista», attacca lo storico
dell'arte che assieme a Anna Falconi ha promosso l'assemblea del
Brancaccio, ieri polemicamente assente alla kermesse in piazza Santi
Apostoli. Il leader di Possibile Pippo Civati, invece, si pone come
mediatore tra le tesi dell'ex sindaco milanese e quelle di Montanari,
anzi a «metà strada» tra i due cantieri. Insomma, almeno per la
sinistra-sinistra, la nuova Casa comune lanciata da Campo Progressista
appare un luogo un po' angusto, scomodo, troppo esposto al centro, con
finestre troppo piccole per fare entrare il vento di chi non va più a
votare, una costruzione non abbastanza nuova, di cui si vede troppo il
tetto e poco le fondamenta.

La bocciatura del taglio dell'Imu per
tutti, dell'abolizione dell'articolo 18, della «politica dei like»,
non è bastata a questo bacino elettorale che da tempo chiede una
rottura più chiara e più netta. «Giuliano mi ha lasciato perplesso. È
mancato - sottolinea Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra
Italiana - un significativo sforzo di chiarezza. Non ho sentito su un
singolo tema proposte radicalmente alternative alle politiche portate
avanti dal Pd in questi anni. Con questo Pd non c'è possibilità di
intesa». Netto anche Tomaso Montanari: «Non ho capito come la pensa
sulla Buona scuola, sulla riforma Franceschini sui musei. Quella
piazza ha parlato troppo agli elettori o ex elettori del Pd, senza
rivolgersi a quella metà di cittadini italiani, quel popolo immenso
che non va più a votare, e che certamente non credo abbia cambiato
idea ieri seguendo la manifestazione».


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Federico Marini

skype: federico1970ca

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