giovedì 30 novembre 2017

30 Novembre. Rassegna cinematografica "Carlos Saura"


L’Alambicco, associazione culturale, presenta:
CARLOS SAURA – RASSEGNA CINEMATOGRAFICA
dal 30 nov. al 27 dic. 2017 – Intrepidi Monelli – Cagliari, via Sant’Avendrace, 100.

L’Alambicco, associazione culturale, con la direzione artistica di Alessandro Macis e la direzione organizzativa di Patrizia Masala, il contributo della Regione Sardegna, la collaborazione de La macchina cinema (FICC) e la Fondazione Sardegna Film Commission, presenterà il 30 novembre a Cagliari la rassegna cinematografica delle opere dell’eclettico regista Carlos Saura, aragonese e Bunueliano, al centro di Produzione per lo spettacolo “Intrepidi Monelli”, in via Sant’Avendrace 100.

La rassegna cinematografica riguarderà la proiezione di sedici film selezionati tra i tanti della sua lunga carriera con la presentazione di critici, docenti universitari e operatori culturali.

Carlos Saura Atarés, nasce nel 1932 a Huesca in Aragona, dopo aver iniziato e abbandonato gli studi in ingegneria si dedica alla fotografia documentaristica e già nel 1952 entra all’istituto Investigaciones y experiencias Cinematograficas, diplomandosi nel 1957 con il cortometraggio “la tarde del domingo”.

Nel 1958 incomincia a guardare oltre il neo realismo italiano per tracciare un percorso nel realismo ispirato ad alcune opere di Bunel.
Inizia una fruttuosa collaborazione con il produttore Elias Querejeta, realizza “la Caccia”, una allegoria della guerra civile spagnola, che verrà premiato con l’Orso d’argento al festival di Berlino.
Diventa autore e inizia la sua relazione con l’attrice Geraldine Chaplin, “Pepermint frappé”; “Stress es tres” e “la Madriguera”, trasferendo la sua minuziosa indagine dalla generazione dei vincitori della guerra civile al mondo interiore, rivelando traumi sessuali, familiari e sociali.

Negli anni settanta il cinema d’autore è rappresentato da Carlos Saura con “El jardin de las delìcias”, “Anna e i lupi”, “La cugina Angelica”, “Cria cuervos”, “Elisa vita mia”, “Mamà compie cento anni”, con cui fa scorrere un bisturi nella Spagna franchista, penetrando nella vita familiare ed evidenziando quella memoria traumatizzata radicatasi nel tempo.

La fine del franchismo e la nascita della democrazia in Spagna, segna una mutazione sostanziale nell’opera del regista. Ritorna sul tema della guerra civile in chiave tragicomica con “jAy, Carmela” e intraprende nuove avventure estetiche.

Con il ballerino Antonio Gades elabora una trilogia di riprese di balletti ispanici, iniziata con “Bodas de sangre”, su testo teatrale di Federico Garcia Lorca, con “Carmen Story”, tratto da Mèrimèe e Bizet, per concludere con “L’amore stregone”, da Manuel de Falla.
Prosegue da solo, in tono documentaristico, l’indagine sul folklore andaluso e gitano con Sevillanas e Flamenco, in collaborazione con Paco de Lucia e la cantante Lola Flores.

L’opera di Saura si espande in quanto ad ambizione ed impegno economico, con “Antonietta” e “La noche oscura” e lo spettacolare film storico “El Dorado”, opera discussa, che tratta la conquista delle Americhe e il colonialismo spagnolo.

Il percorso della Rassegna:

Il 30 novembre alle 20.30, inaugurazione della rassegna con l’intervento del critico cinematografico de Il Fatto quotidiano, Federico Pontiggia e la proiezione del film “La caccia” (1966)
Il 1 dicembre alle 21.00, con l’introduzione del critico cinematografico Marco Olivieri, sarà proiettato il film “Cria Cuervos”(1975).

Sabato 2 dicembre due appuntamenti, il primo alle 17:30 con la proiezione del fil “Elisa, vida mia” (1977) e alle 20:00 con l’introduzione di Marco Olivieri verrà proiettato il film “Mamà compie cento anni” (1979)

Due appuntamenti anche domenica 3 dicembre, alle 17:30 con la proiezione di “Nozze di sangue” (1981) e alle 20:00 dopo l’introduzione della critica cinematografica Elisabetta Randaccio, vi sarà la proiezione del film “Fados” (2007)

Il 4 dicembre alle 21.00 Alessandra Piras, operatrice culturale, introdurrà la proiezione del film “Carmen Story” (1981)

Mercoledì 6 dicembre, alle 21:00, Luciano Marroccu, docente all’Università di Cagliari, introdurrà “jAy, Carmela” (1990)

L’11 dicembre sempre alle 21:00, la proiezione di “Spara che ti passa” sarà introdotta da Gigi Cabras, operatore culturale.

Il 13 dicembre sarà la volta del film “El Dorado”(1988), cui seguirà un dialogo tra l’attore del film Omero Antonutti e il presidente dell’Alambicco, Alessandro Macis.

Il 17 dicembre Carmen de Stasio, saggista, scrittrice e critico, alle 21:00, introduce il film “Goya” (1999)
La proiezione del film “Bunuel e la tavola di Re Salomone”, il 18 dicembre alle 21:00 sarà introdotta da Anguel Quintana dell’Università di Girona.

Il 20 dicembre la proiezione de “I trampoli” (1984) sarà introdotta dall’operatrice culturale, Giulia Mazzarelli, alle 21:00

Mercoledì 27 dicembre alle 21.00 “Io, Don Giovanni” (2009) sarà introdotto da Anton Giulio Mancino, dell’Università di Macerata.
La giornata conclusiva della rassegna, il 29 dicembre ospiterà due appuntamenti, il primo alle 17:30 con la proiezione di “Flamenco, Flamenco”(2010) introdotto da Anton Giulio Mancino dell’Università di Macerata, e alle 20:00 il poeta e scrittore Gianni Mascia introdurrà il film “Jota de Saura”(2016)

Per quanto concerne gli eventi con l’autore, la consegna del premio alla carriera, il concerto omaggio con il Maestro Romeo Scaccia e la Masterclass, a causa dell’impegno del regista nella realizzazione di un film ambientato in Messico, le date verranno definite durante il corso delle proiezioni.

maurizio ciotola
ufficio stampa, tel. 347 4322428

Cagliari, 24 novembre 2017

Dove portiamo i nostri figli? La differenza tra idiozia e privilegio.


Ho appena scoperto che in Gemania e in Norvegia il rapporto educatori-bambini negli asili nido è 1:3. In Italia quasi sempre è 1:8, o nel caso dei più piccini 1:6. Eppure quando a volte le educatrici protestano per avere un rapporto più basso - come è capitato a Foligno - solitamente il commento dei cittadini (e anche di molti amministratori comunali) è di questo tenore: 'non hanno voglia di lavorare', oppure 'hanno paura di prendersi le loro responsabilità', o peggio ancora 'ecco i soliti privilegiati del pubblico impiego italiano, non rompessero le scatole'.

E' così che abbiamo schiantato il nostro paese. Mio figlio - e tutti i vostri figli - hanno avuto un servizio peggiore rispetto ad un bambino tedesco o norvegese anche perché non siamo stati capaci di sostenere e comprendere le ragioni di chi questi servizi li tiene in piedi ogni giorno. Anche perché non ci siamo mai occupati di valorizzare e migliorare la qualità di quel lavoro.

Per il senso comune era tutto solo spreco, privilegio, insostenibile eredità di un passato che non c'è più. Vi ricordate le campagne a tambur battente contro le famose 18 ore degli insegnanti, solo per fare un esempio? Accecati dal qualunquismo liberista ci siamo fatti tagliare il ramo su cui eravamo seduti. E ora quelli che potevano essere uccelli sono diventati polli, da crescere - è ovvio - tassativamente nelle classi pollaio.


Di Elisabetta Piccolotti.

02 Dicembre. Sabato 2 dicembre tutti in piazza!


Organizzato da FpCgil Cagliari
Viale Monastir 15, Cagliari


Sabato 02 Dicembre tutti in piazza, partecipa anche tu alla mobilitazione nazionale il 2 dicembre a sostegno delle proposte del la nostra Organizzazione sindacale per cambiare il sistema previdenziale, sostenere sviluppo e occupazione, garantire un futuro ai giovani.

La manifestazione regionale si svolgerà a Cagliari, in concomitanza con altre quattro piazze – a Roma, Torino, Bari e Palermo - a partire dalle 9 e 30 davanti ai Giardini pubblici in via Regina Elena: è questo il punto di incontro per il corteo che attraverserà il centro della città, passando da viale Regina Elena, piazza Costituzione e via Garibaldi per fermarsi in piazza Garibaldi.

Dal palco si alterneranno gli interventi del segretario generale Michele Carrus, del segretario della Camera del Lavoro di Cagliari Carmelo Farci, di lavoratori e delegati, del segretario della Cgil nazionale Franco Martini. Nella piazza verrà allestito un maxi schermo per la diretta da Roma, alle 12 e 30, dell’intervento conclusivo del segretario generale Susanna Camusso. 

La Cgil considera insufficiente la proposta del Governo Gentiloni sulla previdenza: “Siamo di fronte a un’occasione persa, soprattutto per quanto riguarda i giovani e le donne, il governo si muove per deroghe e piccoli interventi e non per rendere più equo il sistema nel suo complesso”.


Rassegna stampa 30 Novembre 2017

Unione Sarda

Servitù, sì ai controlli nei poligoni  
E a giorni l'accordo con la Difesa
Il Senato approva il “registro dei proiettili”. 
A dicembre l'intesa sulle prime dismissioni

E all'improvviso il muro della Difesa non è più così incrollabile. Nel giorno in cui il Senato approva una norma che dispone controlli rigorosi e bonifiche tempestive nei poligoni, il governatore Francesco Pigliaru conferma alla sua maggioranza che il primo accordo col ministero della Difesa sulle servitù militari è ormai pronto. Non prevede molte dismissioni, ma è il primo passo verso il «riequilibrio» rivendicato dalla Regione.

LE SPIAGGE I dettagli dell'intesa non sono stati divulgati, Pigliaru ne parlerà a breve in Consiglio regionale per ottenere il via libera alla firma. Ma qualcosa è trapelato dopo che ieri il presidente ha informato i capigruppo del centrosinistra. Dovrebbe allungarsi di due mesi il periodo di blocco delle esercitazioni, ed è previsto che i poligoni ospitino attività di ricerca sulle alte tecnologie (dai droni in poi). Per il resto, i militari dovrebbero liberare per ora solo piccole aree: alcune spiagge vicine ai poligoni, ossia Porto Tramatzu a Teulada e S'ena e s'arca a Capo Frasca, dove sarà anche consentito l'accesso da terra al porticciolo.

Passa alla Regione la caserma Ederle, a Cagliari. Tra le novità anche il rilancio della scuola sottufficiali della Maddalena e la valorizzazione della caserma di Pratosardo. «Possiamo siglare un buon accordo, con alcuni rilasci dal forte valore simbolico», ha detto Pigliaru: «Il segnale netto che aspettavamo dal 2014, quando rifiutai di firmare un'altra intesa, chiedendo che si riconoscesse l'eccessivo gravame delle servitù militari sulla Sardegna». Ma per il senatore M5S Roberto Cotti è un «accordo al ribasso».

LA NOVITÀ Intanto nella commissione Bilancio del Senato, nella notte tra martedì e mercoledì, ha avuto successo la manovra a tenaglia di Silvio Lai (Pd) e Luciano Uras (Cp) per far approvare un emendamento al bilancio che segna un'inedita apertura ai controlli “esterni” nei poligoni militari. In ciascuno di questi (non solo sardi, ovviamente) si terrà un «registro delle attività a fuoco», annotando il tipo di armi e munizioni utilizzato e i luoghi di partenza e arrivo dei proiettili.

Il recupero di questi ultimi dovrà iniziare entro 30 giorni (e finire entro 180) dalla fine delle esercitazioni. Soprattutto, la Difesa si apre ai controlli esterni: il documento in cui ogni poligono riassumerà tutte le attività, con gli elementi rilevanti sotto il profilo ambientale, sarà trasmesso alle Regioni e alle Agenzie per l'ambiente. La vigilanza sul rispetto delle norme in materia di rifiuti sarà affidata all'Ispra.

«Una battaglia decennale prende finalmente corpo e consentirà di aprire una nuova stagione di rapporti virtuosi e di collaborazione tra autorità militari ed istituzioni civili», commentano Lai e Uras. I due sottolineano che la norma è «figlia del lavoro della commissione sull'uranio impoverito» guidata dal deputato del Pd Gian Piero Scanu, che infatti - ringraziando i senatori sardi e la ministra della Difesa, Roberta Pinotti - parla di «un risultato di straordinaria importanza: sarà garantita la trasparenza di tutte le attività addestrative, la tutela della salute dei militari e delle popolazioni residenti vicino ai poligoni, l'obbligo di bonificare l'ambiente entro termini certi».

Giuseppe Meloni

La Nuova

Attività, proiettili e operazioni dovranno essere comunicati a un Osservatorio
Stop a "poligono selvaggio" nuove regole per i militari

di Luca Rojch wSASSARILa Sardegna non sarà più terra di conquista per
gli eserciti. Stop ai giochi di guerra incontrollati dentro i
poligoni. Una legge mette fine all'uso di aree pregiate di territorio
come discariche o aree di test per armi sconosciute. Da oggi l'isola
delle servitù militari sarà meno serva. La rivoluzione arriva con un
emendamento alla Finanziaria presentato al Senato, che dà risorse e
vita alla legge presentata dal deputato Gian Piero Scanu che guida la
Commissione parlamentare sull'Uranio. Cambiano i rapporti di
forza.Stop alle nebbie. Fino a oggi la Regione e i Comuni in cui
sorgevano i poligoni facevano da spettatori. Da oggi avranno un ruolo
attivo di controllo su tutto quello che accade. Le esercitazioni
militari nei poligoni dovranno essere registrate e saranno conservate
per dieci anni. Questo per garantire controlli preventivi e
successivi. Si dovranno indicare l'arma o il sistema d'arma
utilizzato. Il tipo di munizioni.

La data dello sparo e luoghi di
partenza e di arrivo dei proiettili. Parte il monitoraggio. I
comandanti dei poligoni dovranno monitorare anche il rispetto di tutte
le norme ambientali nelle aree dei poligoni e intorno. Un obbligo
fondamentale anche per le bonifiche di queste zone di esercitazione. E
ogni sei mesi dovranno indicare quali saranno le operazioni e dove
avverranno. Tutto per motivi di salute e ambientali. Entro 30 giorni
dal termine del periodo delle esercitazioni il direttore del poligono
deve recuperare i residuati. E dovrà farlo entro sei mesi. I
comandanti dovranno anche fare una relazione ogni sei mesi e inviarla
alla Regione, all'Arpa e al Comune in cui sorge il poligono.
Osservatorio. Sarà creato un osservatorio regionale a cui ogni mese i
comandanti dei poligoni dovranno inviare le loro relazioni. Sulla
questione osservatori si innesta anche il lavoro fatto dalla Regione.

Negli accordi che saranno sottoscritti da Pigliaru con il ministero è
prevista proprio la creazione di un osservatorio regionale ambientale.
Un osservatorio tutto suo lo avrà il deposito di Guardia del Moro,
nell'isola di Santo Stefano. Indennizzi. È stabilito anche che gli
indennizzi ai Comuni in cui ricade la servitù dovranno essere pagati
ogni anno.Il padre della legge. Gian Piero Scanu in questi anni ha
lavorato per portare a casa la riforma che cambia i rapporti di forza
tra militari e popolazione. «L'introduzione del registro dei colpi e
della relazione semestrale dà alle comunità locali la possibilità di
sapere quali esercitazioni si svolgono, quando, e quali munizioni
vengono sparate - spiega Scanu -. Per la prima volta viene fissato un
termine per la rimozione dei residui.

Diventa obbligatoria la bonifica
dei poligoni. Viene anche definito un limite temporale per le
esercitazioni nei poligoni. Da ora sarà garantita la trasparenza di
tutte le attività e la tutela della salute dei militari e delle
popolazioni».L'aiuto dei senatori. La legge è passata grazie a un
emendamento presentato dai senatori sardi. Primo firmatario
dell'emendamento Silvio Lai, Pd, sottoscritto anche da Luciano Uras,
Cp, e Giuseppe Luigi Cucca, Pd. La soddisfazione di Pigliaru. Anche il
governatore non nasconde la propria soddifaszione. «La norma sulla
tutela della salute e dell'ambiente nei poligoni è un atto importante,
che garantisce un alto livello di trasparenza sulle attività
addestrative. Con Gian Piero Scanu da principio lavoriamo sulla stessa
linea e verso un obiettivo condiviso. L'approvazione di queste norme
si sposa con le nostre richieste di riequilibrio delle servitù
militari, portate al tavolo della Conferenza nazionale già nel 2014 e
sulle quali trattiamo senza sosta con il Governo».

La Regione vicina all'intesa con i militari
Pigliaru: accordo sulle esercitazioni Spiagge e caserme restituite ai sardi

CAGLIARI
Dal no della Cecchignola, caserma romana in cui allora altre Regioni -
Puglia e Friuli ma non la Sardegna - firmarono l'accordo col ministero
della Difesa, sono trascorsi tre anni. Tre anni di trattative più o
meno segrete, perché quando c'è di mezzo l'Esercito la segretezza è
tutto, ma alla fine anche la Sardegna dovrebbe aver ottenuto quello
che voleva: delle servitù militari più leggere e soprattutto meno
invasive. Con testardaggine, la Regione che ha il maggior numero di
ettari recintati dai militari, 35mila, più altri 20mila chilometri
quadrati vietati quando l'Esercito spara, sta per ottenere indietro un
bel po' di spiagge e porti.Finalmente.

L'accordo tutto nuovo è pronto,
il governatore Francesco Pigliaru ha in mano la bozza ed «è stata una
faticaccia ottenerla», fanno sapere dalla presidenza, però «abbiamo
resistito fino strappare gran parte di quanto avevamo chiesto». Ma
prima di firmare la bozza ci sono ancora un bel po' d'incontri e
passaggi politici, alcuni fatti e altri da fare. La bozza è stata
presentata ai sindaci dei dieci Comuni più "militarizzati", Teulada
Arbus, Decimomannu, Villaputzu, Sant'Anna Arresi, Perdasdefogu,
Villagrande Strisaili, Ulassai, Villasor e La Maddalena. Poi ai
componenti civili del Comitato misto, il Comipa, dove ogni anno
decidono il calendario delle esercitazioni, e infine l'altro giorno,
in un vertice, alla maggioranza di centrosinistra.

Manca solo il Consiglio regionale: sarà fra qualche giorno, forse a metà di
dicembre. Se dall'Aula arriverà il via libera, l'accordo sarà firmato
all'inizio del 2018.Restituzioni definitive. La Sardegna ritornerà a
essere padrona della spiaggia di porto Tramatzu, a ridosso del
poligono di Teulada, compreso lo stabilimento balneare dei militari: è
da trent'anni che quel Comune ci provava a smilitarizzarla. Poi di
quelle intorno a Capo Frasca, Arbus, e sono: S'Ena e S'Arca, più uno
scoglio vicino e il porto finora vietato ai pescatori, ed è anche
questa un'altra impresa. Basta pensare che solo da pochi mesi quella
marineria è stata inserita nell'elenco di chi dev'essere risarcito
dalla Difesa. E ancora la caserma Ederle di Calamosca, a Cagliari,
vecchia sede del distretto in cui tutti i diciottenni hanno sostenuto
la visita, quella dell'abile oppure no, quando la leva era
obbligatoria. Fatta la somma, gli ettari liberati dalle servitù non
dovrebbero essere molti, però sono luoghi simbolici, e su cui fino a
pochi mesi i militari non volevano discutere.

Sono stati costretti a
farlo, e d'ora in poi tutti i beni che dismetteranno, dovranno per
forza passare alla Regione.Restituzioni a tempo. Quando non ci saranno
le esercitazioni a fuoco, verranno aperte le spiagge delle Sabbie
bianche, a Teulada, tutta l'estate e durante le vacanze pasquali, di
Murtas, a Capo San Lorenzo, nel comune di Villaputzu, e in più la zona
archeologica dentro Capo Frasca, Arbus, dovrà essere preservata dalle
esercitazioni: sulla storia non sarà più possibile sparare.La
Maddalena. Qui l'impegno è della Marina: rilancerà la scuola per
sottufficiali, è ospitata nella caserma Bastianini, che ritornerà a
essere strategica. Oggi ospita appena un centinaio di allievi,
ritornerà a fasti del passato con oltre mille e poi diventerà anche un
polo dell'eccellenza per sviluppare l'economia del mare.
Riconversione. Oltre ai carriarmati, ai corpi speciali d'assalto e
alle navi che cannoneggiano sulla costa, c'è dell'altro: l'alta
tecnologia. Sempre più spesso buona parte del Poligono di Perdasdefogu
e dell'aeroporto di Decimomannu dovranno essere utilizzati per
migliorare la "cyber-difesa", dove non servono certo le bombe ma i
mouse, testare i progetti destinati a rinforzare la protezione civile
e il volo dei droni in prospettiva aerospaziale.

I commenti. All'uscita
del vertice di maggioranza, il presidente Pigliaru ha detto: «È stato
fatto un gran lavoro. Anche sugli indennizzi ai Comuni, abbiamo
ottenuto la certezza che siano congrui e pagati sempre entro l'anno».
Per poi aggiungere: «Ora sarà decisivo il confronto col Consiglio
regionale. Se arriverà, come spero, un parere positivo, siamo pronti a
firmare l'accordo». Di «ottimo lavoro», ha parlato anche Pietro Cocco,
capogruppo del Pd: «Siamo a una svolta - le sue parole - dopo tanti
anni d'attesa». Per Pierfranco Zanchetta, capogruppo dell'Upc, «siamo
vicini al passo decisivo e la Regione è riuscita a superare le
storiche resistenze dei militari. Conviene firmare subito, pretendendo
il più possibile prima che il governo Gentiloni vada a casa». (ua)

I giudici: l'isola può avere la sua agenzia delle entrate

politica regionale
CAGLIARIL'Agenzia sarda delle entrate è salva, legittima e
costituzionale. Anzi, il Consiglio regionale ha fatto «molto bene a
istituirla, per controllare i trasferimenti dello Stato... e se lo
avesse deciso prima, non ci sarebbe stata neanche la Vertenza
entrate». Scritto e sottoscritto dai giudici della Corte
costituzionale, che hanno respinto il ricorso del governo contro la
legge approvata nel 2016. A festeggiare la vittoria è tutto il
centrosinistra, con in testa Pigliaru, ma soprattutto lo è il Partito
dei sardi, che dell'Agenzia aveva fatto un suo cavallo di battaglia
fino a rischiare la crisi politica.

E il primo commento del Pds è
stato di questo tenore: «Avevamo ragione noi, bisognava avere
coraggio».La sentenza. Come tutte le decisioni della Corte che
riguardano il conflitto fra lo Stato e la Regione, vanno lette con
molta attenzione. Non c'è niente da interpretare, c'è invece molto da
capire. Prima di tutto: la Regione - è scritto nella sentenza - con
l'Agenzia potrà controllare e verificare se i trasferimenti dello
Stato - dall'Iva all'Irpef - sono giusti soprattutto nella quantità.
«Sarà proprio l'Agenzia lo strumento con cui lo Stato dovrà
interfacciarsi in un rapporto di collaborazione», è scritto nella
sentenza. Poi c'è l'aspetto della riscossione diretta delle tasse da
parte della stessa Agenzia e su cui i giudici spiegano che «allo stato
attuale c'è un problema tecnico».

Molto tecnico, per la verità, e che
può essere riassunto così: le tasse pagate dei sardi non potranno
passare direttamente nelle casse dell'Ase (acronimo di Agenzia sarde
entrate) ma depositate comunque nella Tesoreria unica dello Stato, è
presso la Banca d'Italia «altrimenti uscirebbero dal circuito della
finanza nazionale e questo non è possibile per la Costituzione». Per
questo aspetto tecnico, la legge dovrà ritornare in Consiglio
regionale, per essere corretta. Lo sarà con il cambio di alcune
coordinate bancarie, e permettere così all'Agenzia di operare da
gennaio come braccio operativo della Regione. Anche se prima - è
scritto in un altro passaggio della sentenza - «dovrà essere stilata
un'intesa con lo Stato su quali dovranno essere le procedure e
ottenere quindi il passaggio anche di altre due competenze,
l'accertamento e la riscossione».

A questo punto il modello non
dovrebbe discostarsi molto da quello con cui la Valle d'Aosta e le
Province autonome Trento e Bolzano hanno regolato di recente i loro
rapporti finanziari con lo Stato. L'accordo, in parole spicce,
dovrebbe essere questo: le tasse pagate dai sardi e l'Iva incassata in
Sardegna finiranno nella Tesoreria unica, ma saranno accreditatati
immediatamente sul conto corrente non fruttifero (non matura
interessi) della Regione e non più intestato all'Ase, come lasciava
intendere la legge. Quel passaggio per ora dovrà continuare a esserci,
ma potrebbe cambiare in futuro con l'auspicato accordo
sull'accertamento e la riscossione.Passaggio significativo.

C'è un punto della sentenza che pesa più di altri, questo: l'Agenzia sarda
delle entrate permetterà «alla Regione di giovarsi della precisa e
preventiva conoscenza delle risorse finanziarie che le spettano, in
base allo Statuto, e disponibili», e quindi - proprio grazie alla
verifica e al controllo - non sarà più in balia delle decisioni dello
Stato sull'ammontare dei trasferimenti. La lettura è molto chiara se
l'Ase ci fosse stata tempo fa forse non ci sarebbe stata neanche la
storica Vertenza entrate, chiusa alla fine del 2015. Perché la
Regione, grazie al controllo, l'Ase, avrebbe potuto «accertare in
anticipo» se lo Stato le trasferiva il dovuto, o tratteneva (come
faceva) più di una quota per sé.

Ad averlo saputo prima. Aria di
festa. La vittoria sullo Stato - anche se secondo alcuni solo parziale
per via della riscossione da definire - è stata salutata con
entusiasmo dal Partito dei sardi. «Ora più che mai la Sardegna deve
prendere coraggio, far funzionare l'Ase, completare l'inversione dei
flussi senza più il passaggio a Roma, accelerare il trasferimento
delle funzioni e guardare con ambizione e creatività a una propria
politica fiscale», ha scritto il segretario Franciscu Sedda. Il
capogruppo Gianfranco Congiu ha aggiunto: «Poter esercitare finalmente
un controllo è un grande successo».

Soddisfatto il gruppo Mdp, «d'ora
in poi avremo un rapporto finanziario paritario e non subalterno con
lo Stato» e, seppure con qualche distinguo Anna Maria Busia di Cp: «Se
non ci fossimo infilati nel labirinto della riscossione, la vittoria
sarebbe stata completa». Infine, il presidente Pigliaru: «Eravamo
certi delle nostre ragioni, tanto da aver chiesto con forza al governo
di ritirare il ricorso. Siamo arrivati invece alla sentenza e ora, con
grande soddisfazione, abbiamo la prova provata che avevamo ragione».
(ua)

L'Oristanese rischia di non avere rappresentanti alla Camera e al Senato
La nuova suddivisione prevede lo smembramento del territorio in due ambiti
Fuori dal Parlamento coi nuovi collegi elettorali

di Enrico Carta
ORISTANO
È come un'erosione lenta, ma inesorabile. Col tempo lavora e alla fine
non rimane più terreno al quale aggrapparsi. Così Oristano e il
territorio rischiano, per la prima volta da quando esiste la
Repubblica e la Sardegna ne fa parte, di rimanere esclusa dal
Parlamento. Potrebbe cioè avere un numero di rappresentanti pari a
zero. Il meccanismo della nuova legge elettorale c'entra, ma non è il
solo vero responsabile di un vuoto che spoglierà ulteriormente il
territorio, facendo venir meno il punto di riferimento diretto con il
luogo massimo delle decisioni democratiche.

Il tutto sta avvenendo nel
silenzio generale, perché in questi mesi non una voce contraria si è
levata decisa contro la suddivisione dei collegi che rischia
seriamente di tagliare fuori Oristano. Certamente dal Senato, quasi
certamente dalla Camera dei Deputati. Eppure a pochi o nessuno piace
questa situazione. Non piace a chi ora è in Parlamento, non piace a
chi c'è stato, non piace a chi da tempo occupa posti che contano nel
panorama della politica oristanese. Così la deputata del Pd Caterina
Pes riporta indietro l'orologio: «Non è un problema di questa
legislatura, ma ha un'origine vecchia di almeno dieci anni e infatti
in questo momento delicato per il nostro territorio mi trovo a dover
fare da sola la battaglia in Parlamento.

Spero che in commissione si
possa rivedere la composizione dei collegi, perché non mi sembra
giusto che Oristano scompaia al Senato o venga frazionata alla
Camera».I palazzi romani li ha frequentati, ad esempio, l'ex
presidente della Provincia ed ex deputato di An, Massimiliano De
Seneen che così legge la situazione: «È necessario un mea culpa. Da
tempo il territorio non è rappresentato degnamente in Regione e in
Parlamento. Purtroppo l'aspetto demografico incide e per questo è
anche difficile trovare una ricetta. Mi chiedo come invertire la rotta
senza rappresentanza. È un circolo vizioso».Sull'altro campo, quello
del centrosinistra, ha invece trascorsi romani l'ex deputato Ds,
Raffaele Manca: «Un tempo il Parlamento era aperto al territorio
attraverso il lavoro dei partiti tradizionali che quel territorio
rappresentavano.

 Ora abbiamo una classe politica molto elitaria che
nega addirittura che il radicamento territoriale sia un valore e così
si è arrivati alla rarefazione delle rappresentanze. Eppure la
politica ha un valore tanto più alto quanto più estesa è la
rappresentanza».Un altro "grande vecchio" della politica oristanese
come l'ex presidente della Provincia, Pasquale Onida parla di
situazione drammatica: «C'è una quiescenza della comunità che non fa
pressione sulle forze politiche affinché rivendichino i diritti del
territorio. Comunque la colpa maggiore va attribuita alla classe
dirigente. Ai tempi nostri c'era vigore e le scelte negative non
venivano accettate».

Ex assessore regionale ed ex presidente della
Provincia lo è stato anche Gianvalerio Sanna che è assai critico verso
chi c'è oggi: «Si può perdere di peso politico anche avendo delle
rappresentanze in Parlamento. Siamo di fronte a partiti che non hanno
più collegamento con l'elettorato, ma sono solo apparati che
inevitabilmente perdono la naturale propensione a difendere i
territori. L'ambizione singola in casi del genere non è sufficiente,
ciò che serve è invece la rottura delle separazioni che distinguono le
forze politiche. La risalita? C'è bisogno di cultura e spessore e un
azzeramento potrebbe non essere il male assoluto, ma un punto da cui
ripartire».Eppure c'è chi nutre ancora speranza che non tutto sia
perduto. Il consigliere regionale del Pd Antonio Solinas è tra questi:
«I collegi ci penalizzano, ma se il nostro partito e l'intero
centrosinistra faranno un discorso valido, avremo la possibilità di
recuperare i territori esclusi con una rappresentanza nel listino e
quindi un'elezione.

Certo che 160mila residenti meritavano un collegio
elettorale unico, ma Roma fa orecchie da mercante». E tra i
possibilisti c'è un altro consigliere regionale, è Attilio Dedoni dei
Riformatori Sardi: «Se al momento del voto il territorio va compatto
su una figura che possa rappresentarlo validamente, possiamo ovviare a
questo ostacolo dei collegi. Non bisogna farsi trascinare da interessi
esterni alla nostra provincia, bisogna tenere a bada i tagliatori di
teste e cancellare il convincimento che bisogna bloccare chi ha voglia
di crescere e di farlo per il territorio».


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Federico Marini
skype: federico1970ca