mercoledì 31 gennaio 2018

M5s: velista Mura, Olimpiadi? avremmo fatto magra figura Candidato Camera a Cagliari, Cappellacci (Fi)? vecchia volpe CAGLIARI (ANSA) - CAGLIARI, 31 GEN -




 "Ugo Cappellacci è un amico, è stato mio allievo ed è vero, mi ha sostenuto, ma è anche una vecchia volpe: sono certo che se avesse avuto l'opportunità di avermi, l'avrebbe colta al volo". 

Così all'ANSA il velista Andrea Mura in risposta al coordinatore regionale di Forza Italia ed ex governatore sardo, che in un'intervista al quotidiano La Nuova Sardegna aveva sostenuto che "Andrea Mura non credeva nel progetto 5 stelle, anche perché aveva chiesto a noi di essere candidato". Cappellacci, che nel collegio uninominale di Cagliari per la Camera se la vedrà proprio col navigatore solitario primo e unico italiano a vincere la Route du Rhum, e con il candidato del centrosinistra Luciano Uras, aveva anche affermato di non capire "come fa Mura a schierarsi con il partito che ha tagliato le olimpiadi del 2024 a Roma, che avrebbero dato a Cagliari la possibilità di avere la sede per le regate". 

"Avremmo fatto una magra figura perché mancano le infrastrutture, in tanti anni non si è riusciti a sviluppare un polo nautico", è stata la risposta del velista questo pomeriggio a Cagliari a margine della presentazione delle candidature del M5S nella banchina dove è attraccata proprio la barca dei record "Vento di Sardegna". (ANSA).
YJF-FO/ S45 QBXQ

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Federico Marini

skype: federico1970ca

07 Febbraio. Renzusconi a Cagliari, nuovo spettacolo di e con Andrea Scanzi


Organizzato da “Il fatto quotidiano social forum”
Mercoledì 07 Febbraio dalle ore 21:00 alle ore 23:00
Teatro Massimo, Viale Trento 9, Cagliari
Biglietti disponibili: www.i-ticket.it

Orari biglietteria: dal lunedì al venerdì ore 10:00-13:00/16:00-17:00 tel. 070/2796620


Col suo stile consueto, ironico e graffiante, Andrea Scanzi mette in scena questo racconto teatrale in un esilarante – e talora inquietante – monologo. La formula, già usata dall’autore in spettacoli di successo come Gaber se fosse Gaber, è quella della narrazione intervallata da filmati.

Alle parole di Scanzi si alternano video in cui Renzi inanella gaffe, copia (male) il maestro Silvio e promette di smettere con la politica in caso di vittoria del No al referendum del 4 dicembre scorso. Lo spettacolo nasce dal libro di successo Renzusconi, scritto dall’autore e giunto alla quarta edizione dopo solo due settimane.

Renzusconi attraverserà i teatri italiani da qui alle elezioni politiche di marzo, da cui potrebbe nascere il renzusconismo definitivo della penisola: ovvero l’inciucio perenne. Sul palco, in novanta minuti tanto comici quanto malinconici, c’è Scanzi.

C’è un grande schermo, su cui scorrono le gesta dell’allievo (ripetente) Matteo e del maestro (luciferino) Silvio. C’è una carrellata di politici piccoli piccoli. C’è il silenzio dei Roberto Benigni, c’è il rimpianto per il Rodotà mai stato al Quirinale. E c’è tutta l’essenza di un paese tanto bello quanto, spesso, capovolto.

Lo spettacolo è prodotto dalla Società Editoriale il Fatto S.p.A.

Durata: 90 minuti senza intervallo.

Trovate tutte le info alla pagina dedicata https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/01/02/renzusconi-il-nuovo-spettacolo-di-e-con-andrea-scanzi-le-date-del-tour/4069863/

Se vuoi portare lo spettacolo “Renzusconi” nella tua città scrivi a spettacoli@ilfattoquotidiano.it



Rassegna stampa 31 Gennaio 2018

La Nuova

Il M5s tentato dall'asse con Salvini
Paragone, ex direttore della Padania, si propone come mediatore

di Michele Esposito

«Non lasceremo il Paese ai voltagabbana». È con questa frase che Luigi Di Maio vola a Londra per la sua prima «uscita» internazionale da quando la campagna è entrata nel vivo. La direzione è la City, cuore pulsante del capitalismo anglosassone. Obiettivo, rassicurare gli investitori sul fatto che il M5S non è né estremista né anti-Ue ma ha un programma «moderato». Eppure, nelle stesse ore, torna l'ipotesi di un asse post-voto con il meno moderato dei partiti, la Lega.

«Potrei essere l'uomo del dialogo», sottolinea Gianluigi Paragone rimarcando le «affinità» tra M5S e Carroccio su temi come sicurezza e macroeconomia. Il nuovo corso governista, è intanto ormai cementificato. «Sono orgoglioso di com'è oggi il M5S», scandisce Di Maio seduto al fianco di Lombardi, Virginia Raggi e Fabio Massimo Castaldo in un'immagine che è anche il tentativo di far dimenticare agli elettori i veleni e gli scontri capitolini. Di fronte ai cronisti Di Maio torna a presentare il Movimento come antidoto al caos e a un'Italia che, senza un governo pentastellato, rischia di essere «vittima delle guerre tra partiti».

È un messaggio, questo, che Di Maio porterà anche sulle rive del Tamigi quando oggi vedrà una serie di rappresentanti di società e fondi d'investimento americani e anglosassoni. Ad accompagnarlo ci sarà Lorenzo Fioramonti, il teorico del «No Pil» che il M5S sta candidando, in questi giorni, ad ambasciatore delle teorie economiche del Movimento. Un Movimento che, inevitabilmente, torna ad interrogarsi su cosa accadrà a urne finite.

«Tocca a a noi il primo appello», sottolinea Di Maio mentre Paragone, ex direttore della Padania e candidato a Varese contro Umberto Bossi, oltrepassa la prudenza mostrata finora dal M5S. «Con Salvini ci scambiamo messaggi, ci sentiremo», spiega Paragone assicurando di fare campagna contro una Lega che non è più quella delle origini. E le sue parole fanno tornare a galla quell'asse M5S-Lega che preoccupa, non poco, le cancellerie europee. Un asse, quello tra Lega e M5S, che emerse nei giorni degli attacchi del Movimento alle Ong «poco trasparenti».

E proprio su quel caso, scoppiato ad aprile scorso, Di Maio fa un parziale dietrofront. «Non ho mai detto che le Ong sono taxi del mare», spiega all'agenzia tedesca Dpa in un'intervista rilanciata da Roberto Saviano assieme al post su facebook con cui, lo stesso leader M5S, definiva le Ong prorio «taxi nel Mediterraneo». «Di Maio chieda scusa, quella orrenda dichiarazione portò all'accordo tra l'Italia e i trafficanti libici», attacca lo scrittore. E non si placano, nel frattempo, le polemiche sulle candidature: i risultati delle Parlamentarie ieri sera ancora non c'erano.

Cappellacci: "Mura aveva chiesto a noi di essere candidato"

(tratto dall'articolo su La Nuova Sardegna): "A proposito di
competizione, lei è in un girone di ferro a Cagliari contro Luciano
Uras e il velista Andrea Mura.«Sarà una sfida divertente. Andrea Mura
è un caro amico e uno sportivo. Credo che nessuno lo abbia sostenuto
quanto me. Quando ero governatore la Sardegna ha sponsorizzato le sue
imprese. Altri non lo hanno fatto. Per quanto ne so Andrea non credeva
nel progetto 5 Stelle, anche perché aveva chiesto a noi di essere
candidato. Vorrei sapere come fa a schierarsi con il partito che ha
tagliato le olimpiadi del 2024 a Roma, che avrebbero dato a Cagliari
la possibilità di avere la sede per le regate». Ma se vincerà farà il
bagno nel Tevere?«Assolutamente no. Io lo faccio solo nel nostro
fantastico mare».


Unione Sarda

Dal Pd a LeU e FdI, tutti i veleni sulle liste nell'Isola
Tra i dem resta la spina dei soriani, nel partito della Meloni
proteste nel nordovest

Il deposito delle liste non getta acqua sul fuoco di polemiche che
queste hanno causato. Ad alimentare il coro del malessere ci sono gli
esclusi, le voci dei diversi territori che lamentano una scarsa
rappresentanza e chi non ha ancora digerito la scelta di ospitare
ancora una volta nelle liste isolane i paracadutati da Roma.
IL PD La chiamata all'unità mossa dal segretario regionale del Pd,
Giuseppe Luigi Cucca, deve fare i conti con i malumori che si annidano
tra le correnti dem. Ed è proprio a Cucca che tra i soriani si
contesta la scelta di occupare un posto sicuro (capolista al Senato)
considerato il suo ruolo da segretario regionale.

I soriani, però,
chiedevano che Cucca fosse in quota a una delle tre correnti
(renziani), in modo che la distribuzione dei posti blindati (di fatto
tre) fosse più equa. Malumore da parte del Pd gallurese che contesta
il metodo utilizzato per fare le liste: «Rende palese», scrivono gli
esponenti dem della Gallura, «la situazione desolante del partito
gallurese e regionale». Parole dure anche sul metodo: «Non è un
mistero che le liste siano state fatto solo da una corrente e con le
solite logiche personali».

IL CASO Il deputato uscente di Art1-Mdp, Michele Piras, non figura tra
i candidati di Liberi e Uguali. Piras, dopo la decisione romana di
candidare Claudio Grassi, capolista alla Camera, ha deciso per il
ritiro. Piras non toglie il sostegno a LeU, «nonostante gli
imperdonabili errori commessi dal gruppo dirigente nazionale». Non a
caso l'augurio del deputato va a «tutti i candidati e le candidate
realmente espressione di questa terra».

I TERRITORI Qualche malumore serpeggia anche nel centrodestra. Dopo
l'addio dei Riformatori che hanno abbandonato la quarta gamba di Noi
con l'Italia, qualche lamentela arriva dai circoli di Sassari, Alghero
e Ozieri di Fratelli d'Italia. In un documento si fa riferimento alla
scelta delle candidature del centrodestra nei collegi uninominali di
Sassari per la Camera e del nord Sardegna per il Senato. I
rappresentanti dei circoli parlano di «amarezza e sconforto che la
gestione del partito, nella scelta delle candidature, ha generato in
noi». Tutto questo, nonostante «le indicazioni che il territorio ha
fornito alle strutture regionali e nazionali».
M. S.

Nei collegi è sfida all'ultimo voto
La corsa dei candidati nell'uninominale

Una corsa all'ultimo voto. La sfida nei collegi uninominali mette a
dura prova i candidati, costretti a giocarsi un posto in Parlamento
con la conta secca delle preferenze. Sarà soltanto uno a vincere la
competizione elettorale e sarà chi prenderà anche un solo voto in più
rispetto agli avversari. Questo è uno dei due sistemi previsti dal
Rosatellum, la nuova legge elettorale con la quale i cittadini si
confronteranno il 4 marzo. Un'altra parte di parlamentari sarà eletta
con il sistema proporzionale che stabilisce il numero di eletti per
ogni partito sulla base del risultato elettorale complessivo.

LE REGOLE Nei sei collegi della Camera e nei tre del Senato si
sfideranno dieci candidati, alcuni sostenuti da una coalizione di
partiti (centrodestra e centrosinistra) e altri in rappresentanza di
un solo simbolo. Il loro nome sarà stampato nella scheda elettorale, a
fianco alla coalizione o al partito collegato.

IN CAMPO Centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 Stelle sono le tre
forze che partono con una dote di voti maggiore rispetto agli altri
partiti. I penstastellati, inoltre, sono dati vincenti in quasi tutti
i collegi stando ai sondaggi che circolano in queste settimane. Il
candidato dell'uninominale ha un compito molto importante nel traino
dei voti perché deve ottenere le preferenze dirette.

LE SFIDE Nel collegio uninominale della Camera di Cagliari la
battaglia storica tra centrosinistra e centrodestra sarà incarnata dal
senatore uscente, Luciano Uras e dal coordinatore regionale di Forza
Italia, Ugo Cappellacci. Il Movimento 5 Stelle ha scelto di puntare su
un personaggio noto, il velista Andrea Mura, per cercare di strappare
il collegio agli avversari. Per Progetto Autodeterminatzione, sarà
Valentina Sanna a giocarsi la partita, mentre la sinistra di Liberi e
Uguali punta su Roberto Mirasola, Potere al Popolo su Matteo Contu e
il Partito comunista candida Carola Troga. L'avvocato, Alberto Agus,
correrà per il Popolo della Famiglia, Paola Farigu per Partito Valore
Umano ed Edoardo Lecis per CasaPound.

Il Psd'Az, inoltre schiera al
quarto posto del proporzionale sud della Camera, Daniela Fois.
ALTRI CASI Un po' in tutti i collegi le sfide degli uninominali
mettono a confronto big e outsider. Nel collegio del Senato del nord
Sardegna. Il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau, se
la vedrà con il giornalista Antonio Moro (scelto dal centrodestra in
quota Lega-Psd'Az), mentre il M5S punta su Maria Vittoria Bogo.
L'indipendentista, Pier Franco Devias, correrà con Progetto
Autodeterminatzione nel collegio del centro per il Senato, nel quale
dovrà sfidare il senatore uscente Ignazio Angioni, per il
centrosinistra, e il sardista Lorenzo Palermo.
Matteo Sau

Maninchedda: «Disertiamo il voto alle Politiche»
Mongiu: inascoltata la scelta di 92mila sardi. Cossa: una decisione superficiale

«Ci vogliono impedire di parlare? Disertiamo in massa il voto,
dimostriamo di essere un popolo capace di serie, pacifiche e legali
resistenze». Il leader del Partito dei Sardi Paolo Maninchedda invita
alla «protesta globale e civile». Un gesto «di obiezione di coscienza
che marchi l'insostenibilità del superamento di un confine, quello del
diritto dei sardi a decidere su di sé. Talvolta», conclude, «basta un
gesto per esistere nella storia».

Sulla «disobbedienza civile» e sulla necessità di uscire
dall'atteggiamento «gregario» insiste anche Maria Antonietta Mongiu,
tra le personalità più impegnate nella campagna referendaria.
«L'Ufficio del referendum dà per scontato che i sardi abbiano le
stesse opportunità e gli stessi diritti degli altri cittadini europei,
ma non è così. Essere un'Isola può non essere uno svantaggio ma solo
se si supera ogni forma di discriminazione ed esclusione, se non si
impongono servitù. Chi ha deciso non ha ascoltato oltre 92mila sardi»,
conclude Mongiu, «ma noi gireremo di nuovo tutta l'Isola perché i
sardi siano sempre più consapevoli».

Per Michele Cossa «la superficialità delle considerazioni su cui si
basa il parere dell'Ufficio regionale per il referendum è certo
sconcertante, ma è un assaggio della resistenza degli apparati. Contro
tutto questo ora inizia la mobilitazione dei moltissimi sardi».(f.
ma.)

Prodi difende Renzi: «Il Pd lavora per l'unità, altri no»
Ma Bersani attacca: parole opinabili. M5S: Di Maio difende il suo
candidato ex dem

ROMA «Un appoggio che vale molto». Mentre dalle parti del Nazareno fa
fatica a diradarsi il caos seguito alla chiusura delle liste e
continuano gli attacchi delle minoranze (quelle attuali e quelle che
furono), a Matteo Renzi arriva l'aiuto inaspettato di Romano Prodi.
«Liberi e Uguali non è per l'unità del centrosinistra. Renzi, il
gruppo che gli sta attorno, il Pd e chi ha fatto gli accordi con il Pd
sono per l'unità del centrosinistra», risponde il professore.
Musica per le orecchie dem.

L'ATTACCO DI GRASSO Non gradiscono, invece, dalle parti di Liberi e
Uguali. Prodi «voterà per la coalizione guidata dal Pd perché, secondo
lui, rappresenta l'unico centrosinistra unito? Lo stesso partito che
ha messo insieme una finta coalizione che chiede ai bolognesi di
votare Casini. Lo stesso partito che ha composto le liste elettorali
cancellando le minoranze interne. Lo stesso partito che ha imposto
otto - otto! - fiducie sulla legge elettorale. Liberi e Uguali in quel
tipo di coalizione non ci può stare», attacca Pietro Grasso su
Facebook.

BERSANI CRITICO Le parole del Professore sono invece «opinabili» per
Pierluigi Bersani. «Che il Pd sia per l'unità del centrosinistra è
abbastanza curioso - dice - Nel Pd è stata liquidata buona parte di
quelli che parlavano di centrosinistra. Quando candidi in Sicilia
sodali di Cuffaro o di Lombardo, in Lombardia il braccio destro di
Formigoni, nel cuore dell'Emilia Casini e Lorenzin... È tutta gente
che quando pensa al centrosinistra pensa di farlo con Berlusconi», è
la lettura dell'ex leader dem.

FORZA ITALIA, DONNE CONTRO Intanto il giorno dopo la chiusura delle
liste, Forza Italia si trova alle prese con il j'accuse lanciato dalla
deputata sannita Nunzia De Girolamo contro i vertici campani, rei, a
suo dire, di aver cambiato con un blitz notturno il collegio che le
spettava e gli era stato promesso, ovvero la testa del listino nella
sua Benevento. De Girolamo chiede il commissariamento della Campania e
le dimissioni del coordinatore regionale («De Siano non è degno di
rappresentare il nostro territorio»), tira in ballo Mara Carfagna («Mi
aspetto che prenda le distanze da questa classe dirigente»). I vertici
nazionali in una nota chiariscono che le candidature sono state
condivise al tavolo nazionale.

RENZIANI E CINQUESTELLE Nel Movimento Cinquestelle tiene banco il caso
dell'ex renziano Nicola Cecchi, candidato proprio contro il segretario
Dem nel collegio di Firenze: «Un ex renziano per me non è un
appestato», dice Luigi Di Maio, prendendone le difese «È una persona
che è stata a casa di Renzi ed è rimasta fregata, e ha deciso di
cambiare, quindi ha tutta la mia stima».

Di Gioia, l'ultimo paracadutato: «Ma io ho lavorato per voi»

Avvertenza: la prima parte di questa intervista si svolge pochi giorni
prima della chiusura delle liste.
Lello Di Gioia, com'è il suo bilancio come deputato sardo?
«Direi positivo, coi colleghi ho lavorato su molti temi relativi alla
Sardegna. Specie all'inizio, poi ho assunto la presidenza della
commissione sugli enti previdenziali».
Su quali temi si è impegnato?
«La continuità territoriale, le industrie del Sulcis, la cassa
integrazione in deroga. Abbiamo fatto un casino enorme per il collegio
unico sardo nella legge elettorale europea».
Ma non è andata.

«Purtroppo no. Ah, di alcune cose si è occupata pure la commissione,
come del caso di quella tv locale in difficoltà... Non ricordo il
nome, è roba di qualche anno fa. E ho fatto sì che rimanesse in
Sardegna la proprietà di un villaggio turistico nel sud dell'Isola».
È venuto spesso in Sardegna?
«Varie volte, l'ultima pochi mesi fa per il bilancio sociale dell'Inps».
Con quali sardi ha collaborato di più?
«Roberto Capello (Capelli, ndr ), Gian Piero Scanu per i lavoratori
esposti all'amianto, con Emanuele Canu (Cani, ndr ), Silvio Lai. Ma un
po' con tutti».

Il Patto per la Sardegna firmato dal governo darà risposte adeguate all'Isola?
«Darà un grande aiuto se si realizza tutto. Compresi gli interventi
nelle periferie, ce ne sono anche nella zona di Cagliari, vero?»
Sì, Renzi ha firmato un Patto specifico col sindaco della Città metropolitana.
«Ecco, appunto. Inoltre bisogna rilanciare il turismo abbassando i
costi dei viaggi».

Come valuta la Giunta Pigliaru?
«Con tanti problemi nazionali da curare, non ho potuto seguire molto
le vicende della Regione. Ma dovrà essere giudicata a fine mandato, è
in carica da tre anni, no?»
Quattro, si vota tra dodici mesi.
«Ecco. Andrà giudicata allora».
Sarà ricandidato?
«Dovrei correre nel collegio uninominale Lucera-San Severo, nella mia Puglia».
Qui ci sono polemiche sui candidati non sardi imposti da Roma, come
lei nel 2013.
«Lo so, capisco le proteste degli amici sardi. Ma anche qualche sardo
a volte viene catapultato altrove: è il sistema che va cambiato,
bisogna ricreare il legame con i territori».

L'ultima parte del colloquio è di ieri: Di Gioia non è candidato in
nessun collegio.
Onorevole, che cosa è successo?
«Ho rinunciato: un piccolo guaio di salute mi blocca proprio nel
periodo elettorale».
Allora auguri di pronta guarigione, di certo continuerà a fare
politica in altri ruoli.
«Certo, l'impegno non verrà meno. Ma mi dica, da voi alla fine Scanu è
candidato?»
No.
«Mi dispiace molto. E Francesco Sanna e Roberto Capello?
Sanna è secondo nel proporzionale, Capelli è candidato in altre regioni.
«Eh, sarà dura. In bocca al lupo». (g. m.)

Dalla rivolta su Fioroni all'acido Barbareschi: vent'anni di “stranieri”

Col primo paracadute elettorale, nel lontano 1996, piovve in Sardegna
nientemeno che Rosa Russo Iervolino. Se la ricordano in pochi perché
non conquistò il seggio nell'Isola, ma fu lei di fatto a inaugurare un
fenomeno che, fino all'ultimo caso di questi giorni (l'emiliano
Claudio Grassi capolista di Liberi e Uguali in un collegio della
Camera), ha visto decine di episodi e altrettante polemiche.
Il fatto è che il sistema proporzionale con liste bloccate induce
troppo in tentazione i partiti: poiché rende quasi certi alcuni seggi,
spesso le segreterie nazionali usano questi ultimi per piazzare gli
intoccabili. Accadeva soprattutto col Porcellum, interamente
proporzionale: ma già il Mattarellum (applicato fino al 2001)
assegnava in quel modo un quarto dei seggi della Camera.

E il Rosatellum resuscita il doppio binario tra collegi uninominali e
proporzionali, per di più estendendolo al Senato.
L'ESORDIO A parte il caso Iervolino, rimasto solo potenziale (ma aveva
suscitato le proteste di Beppe Pisanu, già con lei nella Dc), la prima
polemica furibonda sui candidati paracadutati nell'Isola risale al
2001 e riguarda un altro notabile Dc, all'epoca ancora poco noto:
Giuseppe Fioroni.

Il breve listino proporzionale della Margherita, alla Camera, vedeva
al primo posto il sardissimo Arturo Parisi: ma lui, come leader
nazionale dell'Ulivo, aveva anche un collegio uninominale blindato
nella Penisola. Quindi il vero titolare di quel seggio isolano sarebbe
stato il candidato numero due: e Roma impose appunto Fioroni.
La cosa provocò settimane di proteste dei leader locali del Ppi,
totalmente scavalcati dalla decisione. Il segretario sardo Gianvalerio
Sanna si dimise, Gian Mario Selis si autosospese dal ruolo di
coordinatore dell'Ulivo. Venne addirittura a Cagliari il segretario
nazionale Pierluigi Castagnetti, ma senza riuscire a placare gli
animi. Nella stessa tornata elettorale, invece, l'ira dei Ds sardi
aveva sventato la candidatura di Walter Veltroni come capolista
nell'Isola.

LA SVOLTA Ma è col Porcellum che il gioco sfugge di mano. Al primo
giro (2006), in realtà, neanche tanto: il centrodestra schiera ovunque
come capilista Berlusconi, Fini e Casini, ma nessuno di loro opta per
il seggio sardo. Nel centrosinistra i posti di maggior rilievo vanno a
sardi doc come Parisi, Antonello Cabras, Tore Ladu. Gli eletti imposti
da Roma si limitano così a Giuseppe Cossiga (Forza Italia), sardo solo
di nascita e di stirpe, il verde Mauro Bulgarelli e Francesco Martone (Prc).

Il festival del paracadute sarà alle Politiche 2008. Il Pd cede il
terzo posto nel listino sardo del Senato a Luciana Sbarbati, per
ricompensare l'alleanza con i Repubblicani europei di cui lei era
leader nazionale. E soprattutto si scatena il Popolo della libertà,
che pensava - con ragione - di strappare molti seggi in Sardegna. Alla
Camera, oltre a riproporre Cossiga, Berlusconi impose Piero Testoni
(anche lui nato a Sassari come Giuseppe Cossiga, ma estraneo ai
forzisti sardi) e pure l'attore Luca Barbareschi, amico di Fini. E al
Senato imbucò un altro ex An, Filippo Saltamartini.

Né Sbarbati né gli altri fecero granché per meritarsi almeno a
posteriori i voti isolani. Anzi, Barbareschi arrivò a dire,
intervistato da Giorgio Pisano per l'Unione Sarda, che «la Sardegna ha
un problema: i sardi». Giuseppe Meloni

Domenica il primo incontro pubblico
Autodeterminatzione, il programma nel sito web

Un nuovo sito web in attesa della presentazione ufficiale di candidati
e programma. Il Progetto AutodetermiNatzione sbarca sulla Rete ed è
pronto ad affrontare le elezioni politiche del 4 marzo. Il movimento
politico, riuscito ad abbracciare sotto uno stesso simbolo otto anime
differenti esponenti dell'indipendentismo e del sovranismo (Rossomori,
Sardegna Possibile, Sardigna Natzione, Irs, Liberu, Sardos,
Communidades e Gentes) si prepara al primo incontro pubblico.
L'esordio virtuale precede infatti quello programmato per domenica 10
a Nuoro nell'auditorium del Museo Etnografico Sardo.

Nel nuovo sito è disponibile il programma sviluppato in tredici punti
chiave: dal lavoro all'ambiente, dalla sanità alla revisione sugli
accordi riguardo le basi militari. L'obiettivo dichiarato è
risollevare le sorti della Sardegna riportando nell'Isola «il centro
decisionale degli interessi dei sardi». All'appuntamento nuorese
saranno presenti i ventuno candidati, 11 donne e 10 uomini. Tutti,
sottolineano da AutodetermiNatzione, scelti in Sardegna. «Non abbiamo
dovuto chiedere il permesso a nessuno, non abbiamo litigato su nulla,
non abbiamo badato al partito o movimento di provenienza». (l. m.)

La Nuova

Il Pds: ora disertiamo le politiche
All'attacco Forza Italia e i sindaci. Più cauto il Pd: non era lo
strumento idoneo

CAGLIARIIl Comitato non è solo dopo la sconfitta. Tutti i Riformatori,
che avevano avviato la sfida referendaria, si sono schierati al suo
fianco. Ma anche dal centrosinistra hanno protestato, anche se con
qualche distinguo, mentre il centrodestra l'ha buttata in campagna
elettorale. «La dichiarazione d'illegittimità è sorprendente», hanno
detto uno dopo l'altro Pierpaolo Vargiu, Michele Cossa, Piero Fois,
Michele Cossa e Attilio Dedoni, referendari della prima ora. Per poi
aggiungere: «Abbattere l'insularità vuol dire abbandonare la cultura
dell'assistenza e far partire quella che noi definiamo prima di tutto
una rivoluzione culturale e questo non è stato capito». Dal
centrosinistra anche Luciano Uras e Francesco Agus di Campo
progressista sono stati duri: «La bocciatura, per nella sua
concretezza formale, stupisce» e il senatore uscente va oltre «è
un'assurdità soprattutto perché anche la recente Legge di stabilità ha
riconosciuto l'insularità come un svantaggio» .

Per Paolo Maninchedda,
segretario del Partito dei sardi, «siamo di fronte all'ennesima
dimostrazione dell'ordinamento italiano di saper interpretare i nuovi
diritti di partecipazione e democrazia. Occorre a questo punto un
gesto di protesta civile: disertiamo in massa il voto del 4 marzo».
Per Forza Italia sono intervenuti Pietro Pittalis, «siamo di fronte a
un decisione illogica e paradossale visto quanto in un passato recente
è stato concesso agli elettori della Lombardia e del Veneto», Emilio
Floris, «i burocrati scelti dal presidente Pigliaru hanno cestinato le
firme di quasi 100mila sardi» e Marco Tedde: «La violenza burocratica
non può fermare la democrazia».

Di bavaglio parla anche il comunicato
firmato da Lucia Tidu, che ha coordinato i sindaci, fra questi Nicola
Sanna e Andrea Soddu, nella raccolta delle firme: «La nostra battaglia
non si fermerà e non ci metteranno a tacere». Ma c'è chi ha nei
confronti della decisione dell'Ufficio regionale un atteggiamento
diverso. A cominciare dal segretario regionale del Pd Giuseppe Luigi
Cucca: «Il referendum consultivo - scrive - non era lo strumento
idoneo per riconoscere il nostro stato d'insularità.

Chiedere ai
cittadini di esprimersi è sbagliato sotto il profilo giuridico perché
quel principio è già contenuto nei trattati europei ed è in Europa che
dobbiamo rivendicarlo». Non è invece sorpreso Paolo Zedda di Mpd: «La
decisione era sta prospettata da diversi costituzionalisti proprio per
il quesito ambiguo e fumoso che era stato proposto dal Comitato», per
poi rilanciare: «è nello Statuto che sono contenute le nostre
prerogative ed è per questo che dobbiamo rivendicarne la piena
attuazione, mentre finora l'abbiamo fatto».

Cappellacci: «Tutti uniti Forza Italia è la svolta»

verso il voto
di Luca Rojch
SASSARI
Gli azzurri sognano un futuro rosa. Per Forza Italia le Politiche sono
un punto di svolta nell'isola, una affermazione forte potrebbe aprire
le porte anche della Regione. Il coordinatore regionale Ugo
Cappellacci lo sa e si concentra sul risultato. Cerca di spazzare via
le polemiche interne dopo le scelte dei candidati e parla del
programma. Soddisfatto delle liste?«Sì, assolutamente. È una squadra
che credo rispecchi il giusto equilibrio tra esperienza e
rinnovamento. Tra volti nuovi ed esponenti di esperienza. Come ho
detto da tempo si deve essere capaci di creare una nuova classe
dirigente. E credo che le new entry lo saranno».Ma le scelte hanno
creato più di un malumore tra gli esclusi eccellenti.

«Beh, è normale.
È il segno che in tanti vogliono partecipare, credono al progetto e ci
mettono l'anima. Forza Italia ha tante carte da giocare. I posti
purtroppo sono limitati e dobbiamo fare di necessità virtù. Era
impossibile accontentare tutti. Ma sono certo che tutti daranno il
loro contributo alla causa e sosterranno i candidati». Il Psd'Az ha
preferito fare l'accordo con la Lega. Poi ve lo siete ritrovati in
coalizione e avete dovuto concedere qualche posto. Non lo trova un
effetto un po' strano di questa legge?«Sì più che altro sarebbe stato
più naturale fare l'accordo con noi. Abbiamo già sottoscritto una
piattaforma programmatica col Psd'Az nel 2009 e nel 2014. Abbiamo
portato avanti insieme battaglie storiche».

Ma è vero che non è
bastata neanche la telefonata di Berlusconi a convincere Solinas?«Sì,
gli ho passato il telefonino e il cavaliere ha parlato con Christian
davanti a me. Ma noi non potevamo dare tutte le garanzie che loro
chiedevano. Detto questo sono felice che i sardisti siano rimasti nel
centrodestra». La spaventano i sondaggi? Forza Italia è in crescita,
ma i 5 Stelle sono davanti, anche nei collegi uninominali.«I 5 Stelle
in Sardegna fanno risultati superiori al resto di Italia. Il motivo è
semplice, trovano terreno fertile. Nell'isola ci sono grande malessere
e disagio. E il voto 5 Stelle è un voto di pancia. Un voto di
protesta. Sono convinto che da qua al 4 marzo saremo in grado di far
riflettere le persone e portarle sul terreno delle cose concrete. Dei
fatti e delle proposte per cambiare la Sardegna». A proposito di
competizione, lei è in un girone di ferro a Cagliari contro Luciano
Uras e il velista Andrea Mura.«Sarà una sfida divertente. Andrea Mura
è un caro amico e uno sportivo.

Credo che nessuno lo abbia sostenuto
quanto me. Quando ero governatore la Sardegna ha sponsorizzato le sue
imprese. Altri non lo hanno fatto. Per quanto ne so Andrea non credeva
nel progetto 5 Stelle, anche perché aveva chiesto a noi di essere
candidato. Vorrei sapere come fa a schierarsi con il partito che ha
tagliato le olimpiadi del 2024 a Roma, che avrebbero dato a Cagliari
la possibilità di avere la sede per le regate». Ma se vincerà farà il
bagno nel Tevere?«Assolutamente no. Io lo faccio solo nel nostro
fantastico mare». Cosa pensa della legge urbanistica che la giunta
vuole approvare?«Non mi piace. Perché è una legge viziata da un
pregiudizio ideologico della sinistra.

Per noi lo sviluppo passa dal
rispetto dell'ambiente e dal rilancio dell'edilizia. Per noi
l'ambiente deve essere a servizio dell'uomo. Non vogliamo costruire
sull'acqua, ma in tutto il mondo si mostra come si può fare edilizia e
valorizzare il territorio. L'equazione mattone distruzione
dell'ambiente è una mistificazione della sinistra. Dobbiamo sostenere
il turismo e rinnovare le nostre strutture ricettive».Un altro nodo
fondamentale è costituito dai trasporti, via cielo e via mare. «C'è
una primo vulnus da risolvere, l'accordo sulle Entrate stipulato da
Soru che ha spostato sulle casse della Regione il costo della
Continuità. Una follia. Se siamo parte dell'Italia il diritto alla
mobilità deve essere a carico dello Stato. Perché dobbiamo avere i
diritti di tutti gli altri cittadini italiani.

C'è un altro punto che
riguarda la continuità marittima. Noi partecipiamo al tavolo della
continuità solo grazie a un mio ricorso. Ma non basta avere diritto di
parola. Serve che la Regione gestisca alla base questo processo». La
Regione lavora a una holding per i tre aeroporti sardi. Cosa ne
pensa?«Noi avevamo pensato a una cabina di regia che facesse un'unica
programmazione per i tre scali. L'operazione della giunta Pigliaru mi
sembra più concentrata su quote societarie e proprietà. Cose che non
mi interessano e non trovo giuste». Ma lei ci crede davvero alla zona
franca?«Certo ci ho sempre creduto e sono convinto sia realizzabile.
Certo è una cosa diversa dalle tesi fantascientifiche della sindaca di
Giave. E non ha ragione neanche il Pd quando dice che non è
realizzabile. Al contrario, si può fare ed è una opportunità di
crescita reale per la Sardegna». Quali sono secondo lei le priorità
per i sardi?«Prima di tutto la libertà e la dignità per i cittadini.
La possibilità di avere una famiglia e avere una istruzione. Per fare
tutto questo serve il lavoro. Per questo è il nostro primo obiettivo».

Ma nei territori non mancano i malumori
Tedde resta fuori in extremis, la Zedda sbatte la porta. A Oristano
rivolta contro i candidati di fuori

SASSARI
Sotto la patina di pace e compattezza anche Forza Italia deve fare
fronte a più di un territorio in rivolta davanti alla scelta fatta
nelle liste del centrodestra. Come nelle precedenti elezioni si è
materializzato nelle liste Paolo Vella, con buona pace dei tanti
pretendenti che volevano dare il contributo alla battaglia elettorale
degli azzurri. Alessandra Zedda non ha nascosto il suo disappunto per
non essere stata presa in considerazione per un posto nel listino
proporzionale del sud. Restano in silenzio Antonello Peru, mister
8mila preferenze, e l'ex sindaco di Alghero Marco Tedde, che era
considerato tra i sicurissimi per un posto nelle file di Forza Italia
per il nord. Molti degli azzurri sono stati sacrificati sull'altare
delle alleanze. Alcune caselle sono state lasciate vuote a favore dei
candidati della Lega-Psd'Az.

Ma le caselle lasciate vuote in nome
dell'accordo rischiano di depotenziare il risultato del centrodestra.
Ma non è solo il nord ovest a protestare per le scelte fatte nelle
liste. Anche a Oristano si registrano malumori per la scelta di avere
candidato alla Camera l'ex consigliere regionale Gianni Lampis, in
quota Fratelli d'Italia, e al Senato l'avvocato nuorese Lorenzo
Palermo, esponente di Psd'Az-Lega. Nei giorni scorsi le segreterie
politiche di Forza Italia, Riformatori, Fortza Paris e Un'altra
Oristano hanno diffuso una nota molto critica sulle decisioni prese
dalla coalizione a livello regionale.

«I partiti protagonisti della
vittoria alle comunali di Oristano appena sei mesi fa sono fortemente
preoccupati in vista delle politiche. Anche in questa tornata
elettorale, le posizioni utili per essere eleggibili saranno riservate
a candidati che rappresentano Medio campidano o Cagliari. Una scelta
del genere rischia di far disperdere il consenso che la coalizione di
centrodestra ha costruito negli anni sul territorio in quanto
l'elettorato moderato della provincia di Oristano non è disposto a
votare per candidati che provengono da altri territori.

Da 15 anni non
viene candidato, in posizione eleggibile, un rappresentante di
centrodestra della provincia di Oristano, questo va a frustrare la
voglia di crescita di un territorio che storicamente ha sempre
premiato alle elezioni la coalizione moderata».

Al via i controlli sulle liste Una esclusa, due a rischio

verso il voto
CAGLIARILe liste da diciassette sono scese a sedici. A essere esclusa
subito dalle Politiche di marzo è stata quella del Popolo per la
Costituzione: non ha raggiunto il numero minimo di firme imposte dal
Rosatellum per ogni collegio. Altre due sono sotto osservazione:
Partito comunista e Valore Umano.Le verifiche. Dopo la presentazione
di lunedì, la cancelleria della Corte d'appello ha cominciato a
controllare la documentazione consegnata al momento del deposito.
Sotto osservazione è finita dopo poche ore la Lista del popolo per la
Costituzione, che ha presentato solo sette candidati nel listino
proporzionale e nei tre collegi uninominali del Senato. Sin da quando
erano in attesa nei corridoi del Palazzo di giustizia, i rappresentati
di lista s'erano accorti che le firme raccolte, obbligatorie per chi è
senza parlamentari, non superavano la soglia delle 375 previste.

Prima di entrare nell'ufficio del cancelliere, la documentazione era stata
messa a posto e la Lista ammessa con riserva ma dopo 24 ore è arrivata
la bocciatura senza appello. Potrebbe essere a rischio anche la lista
del Partito comunista, che aveva lo stesso obbligo di raccogliere le
firme, però una prima verifica avrebbe escluso errori o dimenticanze
negli allegati all'elenco dei candidati. La risposta definitiva, cioè
l'ammissione, è attesa entro la fine della settimana. Sembra invece
aver superato tutti gli scogli procedurali il Partito Valore Umano,
che è legato al progetto etico «Mondo migliore».

Al momento della
presentazione, i delegati hanno rischiato di non essere accettati dai
funzionari della Corte d'appello. Però, almeno nel caso delle liste
della Camera, tutto sarebbe stato chiarito dopo un lungo confronto
negli uffici. Le verifiche comunque non sono finite neanche per i
partiti più grandi: i documenti da controllare sono ancora diversi e
qualche irregolarità - ma è difficile - potrebbe essere sfuggita
quando le candidature sono state depositate. Stando alle previsioni,
entro la settimana si saprà quante liste saranno ufficialmente in
campo nelle elezioni Politiche di marzo. Prime ipotesi sulle schede.
Di sicuro quelle per il Senato e la Camera non saranno uguali. Per
Montecitorio i partiti in campo sono 16, al Senato uno in più ed è
proprio la Lista del popolo, che è stata esclusa e quindi il pareggio
è stato raggiunto dopo poche ore.

Le schede comunque non saranno
lenzuola: le coalizioni sono solo due, con quattro partiti a testa, e
non dovrebbe essere difficile incastrarli - secondo l'ordine deciso
dal sorteggio - fra i nove che corrono da soli. Mentre lo schema su
come nella scheda saranno divisi i candidati del maggioritario da
quelli del proporzionale è deciso da tempo. I nomi dei prima saranno
stampati sul lato sinistro della scheda, con a destra i listini di
riferimento. Va ricordato: nel Rosatellum non è previsto il voto
disgiunto.Meglio del 2013. Allora i candidati furono 500, stavolta
sono meno della metà: 244. Sono diminuiti anche i partiti, da ventitré
a diciassette, e le coalizioni: da due a tre. Ad aver resistito,
com'era ovvio che fosse sono state centrosinistra e centrodestra, con
il Centro del 2013 che s'è disgregato e trovato ospitalità nei due
poli.Rosatellum rosa.

La nuova legge elettorale avrà mille difetti, ha
messo in difficoltà soprattutto i piccoli partita, ma un pregio l'ha
di sicuro: è aumentato il numero delle donne candidate. Nonostante i
listini siano molto più corti di quelli del 2013, ventisette candidati
cinque anni fa, quattro ora, è stato l'obbligo dell'alternanza uomo
donna a bilanciare le quote. Nel proporzionale è stata raggiunta la
parità perfetta, nel maggioritario invece sono ancora gli uomini a
essere in vantaggio ma non di molto. C'è però ancora un controllo da
fare ed è quello sulla divisione nazionale fra i due generi che
dev'essere entro la forbice del 60 e 40 percento. Chi non raggiunto
quelle due percentuali è fuori.Seggi in oscillazione. La Sardegna
dovrebbe eleggere, come si sa, venticinque parlamentari, mail numero
potrebbe cambiare.

È risputo che rispetto al 2013 ci sarà un deputato
in meno: da diciotto a diciassette, perché il diciottesimo era
arrivato grazie ai resti. Anche questa volta i resti potrebbero essere
a favore della Sardegna, con qualche posto in più e dipenderà molto
dall'affluenza alle urne. Anche se per alcuni il complicato calcolo
previsto dal Rosatellum, la ripartizione dei seggi non assegnati con
il quoziente pieno avverrà su base nazionale e dopo aver verificato
chi avrà superato i vari sbarramenti, e potrebbe riservare persino
qualche sorpresa negativa per la Sardegna. (ua)

I Riformatori non si presentano, l'Upc si sfila dalla Civica di
Lorenzin, i civatiani mollano Liberi e uguali
Nomi depennati e simboli spariti all'ultimo

di Alessandro PirinawSASSARIDue coalizioni, 17 liste e quasi 250
candidati. Ma ai nastri di partenza sarebbero potuti essere molti di
più. Diversi aspiranti parlamentari sono spariti dalle liste
all'ultimo momento: qualche rinuncia e molte esclusioni, anche
eccellenti. Ma nella scheda mancheranno anche simboli di partiti
pronti a scendere in campo che all'ultimo hanno dovuto rimettere nel
cassetto santini e manifesti. A destra. I casi più clamorosi nel
centrodestra. La Quarta gamba che a livello nazionale raccoglie Fitto
e Cesa, in Sardegna poteva contare sull'Udc e sui Riformatori. Ma la
distribuzione dei collegi uninominali ha fatto saltare il tavolo e
nella lista Noi per l'Italia resta solo l'Udc.

I Riformatori hanno
preferito sfilarsi e rinunciare alla competizione elettorale. Pronto
ad affrontare la corsa per le politiche era anche il gruppo di Energie
per l'Italia, prima con il centrodestra, dopo la rottura con Forza
Italia da solo. Il leader sardo Tore Piana aveva già preparato le
liste, ma il leader nazionale Stefano Parisi ha siglato la pace col
centrodestra ed è stato scelto come candidato a governatore del Lazio.
A quel punto il partito si è ritirato dalle elezioni del 4 marzo.
Ovviamente anche in Sardegna.A sinistra. Nel centrosinistra, invece,
nelle ultime ore si è registrata la defezione dell'Upc. Il suo
segretario Antonio Satta aveva partecipato a Roma al battesimo della
lista Civica popolare guidata da Beatrice Lorenzin.

Il suo nome, tra
l'altro, era in pole position per guidare la lista proporzionale nel
nord dell'isola e per il collegio uninominale di Olbia, ma alla fine
Satta si è tirato fuori e nella lista restano solo i centristi di
Casini. Non sono mancate frizioni nemmeno in Liberi e uguali. Anzi, il
deputato uscente Michele Piras e il leader di Possibile, Thomas
Castangia, hanno mal digerito la candidatura dell'emiliano Claudio
Grassi e hanno ritirato le candidature.Indipendentisti. Della alleanza
del Psd'Az con la Lega si è detto tutto. Ma l'accordo con Salvini ha
fatto saltare quello che i sardisti avevano siglato con la Base e
Fortza Paris. I due movimenti hanno sconfessato l'intesa con la camice
verdi. A quel punto la Base ha stretto un accordo con Forza Italia, il
suo leader Efisio Arbau aveva annunciato la sua candidatura nel
collegio di Nuoro alla Camera, ma improvvisamente tutto è saltato. E
anche la Base osserverà dall'esterno queste elezioni.

Come anche il
Partito dei sardi, che aveva provato a mettere su un'intesa col Pd,
era intervenuto l'ambasciatore Piero Fassino, e si era pensato a un
posto al Senato nel Nuorese per Paolo Maninchedda, ma il matrimonio
non è stato siglato. Esclusi eccellenti. Non mancano poi gli esclusi
eccellenti, cancellati dalle liste all'ultimo momento per fare posto
ad altri. Il Pd ha tagliato gli uscenti Gian Piero Scanu e Luigi
Manconi, autori di molte battaglie in Parlamento, mentre Forza Italia
ha depennato il consigliere Marco Tedde, fino all'ultimo certissimo,
mentre la collega Alessandra Zedda, spostata dalla Camera al Senato,
ha preferito rinunciare. C'è infine il caso di Roberto Cotti, il
senatore del M5s, cancellato dalle liste delle parlamentarie.

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Federico Marini
skype: federico1970ca